Archivio tag: Giappone

Tundra?

tundra

tundra

Passando in aereo sopra la Siberia, più o meno fra il golfo dell’Ob e la Novaya Zemlya, mi sono trovato sotto gli occhi questo.

Credo sia la famigerata tundra, quell’habitat che studiavo alle elementari e non riuscivo mai ad immaginare.

Akihabara!

Akihabara!

Akihabara!

Akihabara!

Akihabara!

Akihabara!

Akihabara!

Appena sopra il centro di Toyko, a sud della stazione di Ueno, c’é il quartiere di Akihabara.

L’ho trovato descritto come il paradiso dei tecnomaniaci, la svizzera dei divoratori di manga, il bengodi della tecnologia a basso costo ecc ecc…
Ci siamo andati appena abbiamo potuto.
Molto semplicemente é un’orgia di negozietti, stipi e negozi stracolmi di tecnologia. Davvero a basso costo e di tutti i generi: condensatori, resistenze, led, schede stampate, lettori dvd di merda, telecamere a circuito chiuso di ogni genere, foggia ed uso, schermi lcd da mezzo cm quadro, insegne luminose scorrevoli a led, macchine fotografiche digitali vetuste negli anni 90, torcie, giocattolini semitecnologici, jack e connettori di ogni sorta e tipo, cavi, viti e bulloni per componentistica microscopica….Un vero paradiso, a saperci cosa fare. Diciamo che lì il cyberpunk sembra prossimo a venire.
Nel piano appena sopra, manga a sfinire, di tutti i generi, e con tutti gli annessi e connessi: bamboline fichissime da costruire, cui magari puoi abbinare vestitini succinti (se non addirittura particolari anatomici), giornaletti di ogni tipo, pupazzi di divi del cinema, porcherie varie.

Un popolo strano, che per certi versi sembra aver accettato le sue perversioni mettendole a nudo (che dire delle scolarette dodicenni con minigonne a coste piuttosto mozzafiato?), per altri pare che ogni loro passione diventi mania, ogni loro hobby si tramuti in ossessione, come non riuscissero a frenarsi.
Di sicuro, se uno dei nostri meridionali vedesse sua figlia andare a scuola come vanno le loro, succederebbe una strage.

i quartieri residenziali dei cartoni animati giapponesi

vie di tokyo

vie di tokyo

Avete presente, spero, la periferia della citta’ giapponese cosi’ come veniva disegnata nei cartoni animati con cui sono cresciuti molti dei bimbi della mia generazione. Casette un po’ tutte uguali, basse, al massimo due piani, pali della luce un po’ ovunque, cartelli con scritte, sempre un po’ ovunque. Poi, i personaggi: il vecchio nonno col cappello da pescatore (si’, quello del nonno di Sampei), la vecchina curva fin quasi a terra che trascina un carrello di chissa’ cosa, il lavoratore con la pezzola bianca in testa, lo scemo che non fa una minchia e sorride sdentato….Ebbene, e’ davvero cosi’, e lo e’ ancora. Ci siamo ritrovati davanti la nostra infanzia seguendo una amica di una nostra collega che, adorabilmente, ci guidava verso la piccola casa nella quale ci avrebbe ospitati, tutti e 7, assieme ai suoi genitori, in uno dei quartieri periferici di Tokyo.

landed!

la costa

la costa

Dopo circa 11 ore di volo, siamo arrivati in Giappone.
Siamo passati sopra posti che ho sempre sognato vedere, su alcuni nei quali spero di andare, su altri che so non vedro’ mai.
Siamo passati sopra l’Europa centro-orientale, poi le verdi e piatte repubbliche baltiche, coi loro fiumi placidi, sulla carelia, e poi, dopo il buio, sulla sconfinata Siberia. Ho visto un fiume come una lingua d’argento, pieno di isole e banchi di sabbia da sembrare una rete luminescente, circondato dal niente. Ho visto montagne semicoperte di neve, completamente brulle e deserte, solitarie in modo totale, a nord del lago Bajkal, che non sono riuscito a vedere per poche decine di chilometri. E poi ancora pianure e praterie sconfinate e deserte, citta’ isolate dal resto del mondo, nelle quali mi chiedo cosa la gente faccia, per non sentire quell’incredibile silenzio a perdita d’occhio che la circonda; e infine la costa, con alte scogliere, dove la Russia si affaccia sull’altro oceano, dall’altra parte del mondo. Mi ero sempre chiesto come fosse.

prima partenza (falsa partenza)

La banchina di Firenze Campo di Marte

La banchina di Firenze Campo di Marte

“Allegro Tosca” Wien SBHF – Firenze SMN
Stazione, treno, saluti al binario, cosa dico cosa non dico, che buon odore le fa la pelle, minchia parte, ciao ciao.
Dove cazzo é lo scompartimento, carina la controllora, salve, salve, due minchiate col tizio sconosciuto con cui sarò in intimità  coatta per le prossime ore, silenzio.

Non reale, ovviamente, che il treno non é posto silenzioso, per niente. Quel silenzio interiore che mi invade sempre quando parto, specialmente se so che mi sto allontanando per un pezzo da Paola. L’ho lasciata decine di volte su una banchina, da quando manca poco correva dietro al treno, ai giorni nostri, in cui ci si saluta e basta; sono stato lasciato decine di volte su una banchina, da quando frignavo tornandomene in macchina, ai giorni nostri, in cui c’é una sorta di magone, un gomitolo di malinconia nelle budella.
D’altra parte é parte di un mai esplicitato accordo, scrupolosamente rispettato da entrambi, che prevede la libertà  di circolazione. L’importante é tornare, però se si deve andare si va, un pianto e un lamento, una lamentela e un po’ d’invidia, e basta.

Questa volta non ci allontaniamo per molto tempo, solo venti giorni, eppure la congiuntura degli eventi é particolare. Anzitutto, vado, dopo secoli, in vacanza in un paese straniero che non ho mai visitato con altre persone e non con lei. Era capitato con l’Albania, ma non ero in vancanza né ero con colleghi, ero con uno dei miei migliori amici. E soprattutto non ero così lontano, ovvero non ero dall’altra parte del mondo, in Giappone, probabilmente il posto più lontano in cui mai sarò stato, certo se si esclude Vermosh, che era sì in linea d’aria a 60 km dal mar adriatico, ma nella sostanza uno dei posti più remoti della terra, almeno a mio modo di vedere.

La verità  é che mi scoccia andarci senza la mia metà  migliore, parafrasando non si chi.