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l’evoluzione dei padroni

garzoni

aspiranti garzoni edili in Triesterstraße

chi mi vuole per garzone
che lo voglio per padrone!

Comincia così la fiaba “I tre orfani” raccolta da Italo Calvino nel suo – splendido – “Fiabe Italiane”, che mi sta accompagnando da quando ero piccolo, e che mi sono portato a Vienna. Mi ha sempre colpito questa specie di filastrocca con cui, nella miseria nera, uno ad uno i tre orfani si immettono nel mercato del lavoro (come si dice oggi). Soprattutto le condizioni contrattuali – l’unica richiesta è: lavorare. Chiunque soddisfi questa richiesta basilare, semplice, ineccepibile, corrisponde all’idea di datore di lavoro, anzi di padrone, che il giovane desidera: non v’è menzione circa il salario, le garanzie, le ferie pagate, la maternità, la malattia. Non mi sembra un caso che la fiaba, per altro, provenga da una terra dura, aspra e bella come la Calabria.

Ogni mattina, per andare al “mio” castello (come dice Peppe “il castello di papà”) passo per la Triestestraße (dimenticano facilmente, qui), che mi conduce fuori Vienna. Lungo questo stradone sta un Obi, uno di questi grandi magazzini per il bricolage, ovvero per chi ha delle pruderie da homo faber, ma non la stoffa (tipo me). Davanti ad esso, ogni mattina che dio mette in terra, qualunque sia la stagione, la temperatura, lo stato del vento e l’umidità dell’aria, si affollano i braccianti.

Sono dai 4/5 fino a 20, ad occhio, saltellano da una gamba all’altra, si danno grandi pacche sulle spalle, si stringono nelle spalle, si alitano nelle mani. Ridono, scherzano, stanno appoggiati ad un lampione, fanno a botte, si gridano dietro, si guardano minacciosi.

Ma fondamentalmente aspettano che qualcuno li passi a prendere – ovvero dia loro una giornata di lavoro.

Condizioni contrattuali, sicurezza, sindacati, malattia, maternità: tutto questo non esiste. La capacità contrattuale di questi disgraziati consiste nel poter dire: “No grazie, per oggi resto a gelare sul marciapiede”.

Volendo continuare a metterla sul piano del “Va avanti chi ce la fa”, preoccupandosi più di non dare privilegi a chi non li merita, che di aiutare chi è più debole e più nel bisogno, non facciamo – non faremo – altro che aumentare la massa degli sconfitti, di coloro che non ce l’hanno fatta, dei deboli. E quando i deboli e gli sconfitti diventano molti, molti di più dei vincitori, dei forti e dei furbi, i ruoli si scambiano velocemente.

Per fortuna lo stato austriaco non è stato a guardare. Cosa ha fatto? Un rapido blitz con un paio di furgoni di poliziotti e due volanti – una retata vera e propria – e un bel controllo documenti, fatto lì sulla strada, ai disgraziati ad aspettare. Un gesto di elegante impotenza, come quando un bimbo grande ti fa un dispetto, e tu per la rabbia meni il primo più piccolo di te che ti si para davanti.