La civiltà dello scooter (sull’arroganza)

A Firenze, complici un clima tutto sommato mite e un susseguirsi di amministrazioni comunali senza fantasia, fiorisce da qualche anno la civiltà dello scooter.

Questa possibile evoluzione della civiltà occidentale non prospera ovunque, grazie al cielo (nel senso del clima), ad amministrazioni più capaci, e forse anche a culture più evolute.

Un esemplare tipico di tale civiltà possiede un moderno scooter giapponese, di quelli col profilo da nave baleniera, lungo come una macchina, con una marmitta catalitica che fa vibrare cuori e cristallerie, dalla guida sportiva in posizione sgraziata, che regala grandi emozioni e artrosi a chi guida il potente mezzo (che ha una cilindrata da trattore a cingoli anni sessanta di marca cecoslovacca). Con questo elegante cetaceo della strada, il nostro (che chiameremo affettuosamente  Gastone) fende i flutti del traffico veicolare cittadino con nonchalance. Non vi fate ingannare dai miei fronzoli: i movimenti del mezzo non hanno nulla di aggraziato. Il buon Gastone, infatti, complice un assetto calibrato sul peggior autista reperibile in zona Yokohama, bauscula a destra e a manca, evitando pericolosamente tutto ciò che si trova in carreggiata per pochi peli, con una grazia da facocero. Questo semplicemente perché non sa guidare, nessuno glielo ha mai insegnato, nessuno si prende la briga di farglielo notare, e Gastone stesso, infine, è convinto di essere un asso delle due ruote. Bravi i Giapponesi, nulla da dire. Riuscire a far sentire Valentino Rossi un dramma della guida come Gastone non è cosa da poco, e si meritano le migliaia di euri che il nostro ha generosamente investito per l’acquisto dell’orrido mezzo (che chiameremo Moby in ossequio al meno gentile omologo). Per completare il quadro: Gastone vive e lavora a Firenze, ha un casco a padella che gli copre un decimo del cranio – rasato ma non perchè ha una incipiente e impietosa calvizie, ma perchè a lui piace così – e gli occhiali a goccia.

Ma il problema estetico, sia per quanto riguarda Moby che lo stile di guida di Gastone, è tutto sommato marginale.

Il vero problema è l’attitudine di Gastone alla guida, ovvero alla vita in generale. Gastone è infatti convinto di avere la Precedenza. Non in senso lato, né in senso metaforico o stradale: egli crede di avere precedenza sul suo Prossimo, ovvero su tutti.

Un esempio pratico: se un autista distratto si è fermato per fare attraversare una mamma con figli e sacchi della Coop a seguito, e a causa di questa grave debolezza si è formata una coda di macchine, Gastone se ne fotte. Con un colpo di reni (grazie a dio ben bilanciato da Moby, altrimenti Gastone formerebbe ora un grazioso fregio sullo spigolo dell’edificio prospicente la manovra) egli evita la coda, la sorpassa senza modificare la propria velocità, si infila fra la mamma – paralizzata dall’orrore – e il sacchetto delle verdure (che essendo di quella nuova sostanza biodegradabile che sa di popcorn si sfalda subito a causa dello spostamento d’aria), e prosegue il proprio cammino come nulla fosse.

Al semaforo, Gastone si infila fra le macchine, decora gli specchietti laterali con pregiate incisioni, e si piazza davanti a tutti sulla linea bianca. Se ci sono altri scooteristi, si infila fra di essi, altrimenti va direttamente sulle strisce pedonali, accomodandosi fra vecchine e passeggini. Dopodiché si accende una sigaretta, compone un numero di telefono e si infila il cellulare fra orecchio e casco. Quando scatta il verde, Gastone ha incastrato momentaneamente la sigaretta sulla leva del freno, e, mentre grida al vivavoce, sta cercando un indirizzo sul suo telefono intelligente (1). Gli scooter sono intanto tutti partiti, a parte altri due che si stanno sfidando a battaglia navale via dente-blu (2), la prima macchina è una Simca 1000 con al volante una vecchina, che sconcertata attende. Quelli dietro, che la sanno lunga e sono un po’ più navigati, attaccano a suonare tutto il loro disappunto. Gastone a questo punto perde le staffe: con una manata fa volar via il cicchino, congeda l’interlocutore telefonico con un secco “scusa, non hai idea di che stronzi ho dietro al culo”, re-incastra il cellulare fra orecchio e casco, si gira, manda affanculo la vecchina chiedendole – bicipiti al vento – cosa cazzo voglia (omettendo il congiuntivo – va detto), dopodiché sgassa e riparte.

Ora: avete mai visto tanta crudeltà – chiederebbero in un film di Mel Brooks?

Il fatto è che Gastone sa che il traffico di Firenze senza di lui collasserebbe in un attimo, ed in virtù di questa Conoscenza egli se ne fotte. Inoltre, nel caso ci fossero residui di perplessità circa tale atteggiamento, egli è più veloce, e dunque si sbriga prima, e non ha senso che aspetti.

Nessuna amministrazione fiorentina sino ad ora – sorprendentemente nemmeno l’ottimo Renzi che è bravissimo, nuovissimo e pieno di innovative idee (ad esempio tenere aperti i negozi il primo Maggio: ci avevate mai pensato voi? Io no: incredibile il Renzi), dicevo nessuna amministrazione comunale si è presa in alcun modo la briga, infatti, di pelare l’odiossissima gatta che è il traffico a Firenze, imponendo qualche iniziale misura impopolare – rischiando dunque, ma applicando un’idea politica almeno – per poi bearsi di un sistema, tipo quello Viennese, in cui non conviene pigliare la macchina, semplicemente. Da qui si potrebbe misurare con un grado piuttosto accurato l’incapacità e la pochezza dei politici della città del Rinascimento, ma insomma, non divaghiamo.

Questa attitudine di Gastone, purtroppo, non si limita alla sola guida. Ma anche qui, nessuno si è preso la briga di pelare questa gatta.

A Vienna, guidare è un’esperienza diversa. Ho trovato stranissimo percepire, in modo sempre più completo, come il traffico sia un habitat con molteplici dimensioni, che differiscono dal “tuo” traffico in sfumature e aspetti più corposi. Pensavo che fosse più semplice, tipo “a Vienna il traffico è più ordinato”, e banalità del genere.

In Austria, comunque, ho trovato, in strada e non, un’attitudine algida ma positiva – o forse rassegnata, chissà – nei confronti del prossimo. Se ti fermi in mezzo alla strada con la macchina (hai forato, ti si è spenta, t’è venuta voglia di fare una sveltina con chi ti sta accanto: quel che volete), la gente non suona quasi mai. Aspettano pazienti, e se vedono che va per le lunghe, al massimo cambiano corsia e proseguono signorili, senza sbracciarsi fuori dal finestrino, gridando improperi. Semplicemente pensano che, se stai rompendo loro i coglioni, tu lo faccia per un motivo serio, per un ottimo motivo che merita la loro comprensione, e mai che tu ti stia facendo beatamente i cazzi tuoi.

Se in Austria ti stai facendo i fatti tuoi sul marciapiede, vedi di farlo lontano dalle strisce. Automobilisti, camionisti, scooteristi e motociclisti, infatti, si immobilizzano senza indugio in prossimità degli attraversamenti pedonali, se un pedone minaccia, anche solo vagamente, di attraversare. E aspettano finchè l’intera operazione non è terminata. Nel caso tu indugi, ecco, magari in quel caso sì, dopo un cinque minuti ti fanno un colpetto di clacson, così che tu sappia (magari lo ignori – a me è capitato) che loro stanno aspettando che tu attraversi, e che se non vuoi attraversare, basta che tu ti allontani dalle strisce, altrimenti loro devon star lì. Certo, poco elastici, ma volete mettere la bellezza di attraversare la strada sulle strisce senza guardare?

Un altro piccolo particolare: in Italia scatta prima il verde per le macchine, e poi quello per i pedoni. In questo modo, il pedone che vuole attraversare è costretto ad aspettare che le macchine che svoltano siano passate, perché son partite prima di lui. In Austria è il contrario, così che le auto e gli scooter che devono girare, trovano già una fila di pedoni che, seraficamente (e secondo me anche un po’ strafottenti), attraversano, e devono aspettare loro.

Insomma, si ha la sensazione che il più “forte” debba dare la precedenza al più “debole”, ovvero più veloce vai, meno hai bisogno di precedenze.

Come il buon Gastone. Uguale.

l'immagine non è proprio pertinente, ma insomma, è carina!


(1) smartphone egli lo chiama.

(2) bluetooth, in inglese nel testo.

3 pensieri su “La civiltà dello scooter (sull’arroganza)

  1. marco

    Bravo, veramente un bell’articolo!! non lo vorresti spedire che ne so ad un giornale tipo lettera aperta.. che ne so alla paginina striminzita del manifesto di firenze? o repubblica..?

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