Alle 4:02 AM del 30 Agosto del 2019 Matt Jefferies fu svegliato in mezzo a sogni incerti dalla vibrazione insistente del suo orologio da polso.
Era il suo turno di reperibilità in qualità di responsabile dei sistemi della Obvious Inc. per cui non si stupì più di tanto: cacciò una bestemmia fra i denti, declinò la chiamata con un laconico “omw” via sms e lasciò il letto con malagrazia.
Dopo venti minuti era, in condizioni appena migliori dell’improbabile, al quartier generale dove vengono gestiti i boschi digitali dove cinguetta buona parte dell’umanità.
Nella sala operativa regnava un clima inquieto, solo il ronzio degli impianti di condizionamento e il nervoso ticchettio di molte dita su molte tastiere, teste chine sui monitor e tazze di caffè a smaltire il vapore un po’ ovunque.
“Che succede?” chiese Matt fra uno sbadiglio e l’altro, cercando di recuperare lucidità nell’aroma di arabica.
“Non riusciamo a capire Matt – rispose Lucy preoccupata – “I sistemi sembrerebbero tutti funzionanti, ma non riusciamo a interagire in nessun modo”
“Scusa Lucy, cosa significa che non riuscite a interagire?” chiese lui sentendo l’adrenalina che montava.
“La diagnostica restituisce valori normali, i test pure, ma appena lanciamo un comando, il sistema restituisce un codice di errore generico…è come se si rifiutasse di eseguirlo, ma senza dare spiegazioni”.
Matt inspirò a fondo, represse un “Lucy che cazzo stai dicendo” che pareva un po’ troppo sopra le righe, scostò Chen dalla sua console ed entrò nel sistema con le proprie credenziali.
Dopo mezz’ora di crescente incredulità depose le armi.
“J.P. credo sia il caso che tu venga subito”.
“Spero per te che sia davvero urgente, Matt” rispose il CEO di Twitter laconico, e chiuse il collegamento.
Alle 5:31 AM Jack P. Dorsey fece ingresso nella sala operativa con la mano protesa lateralmente a recepire la Sua Tazza di Caffè Con Latte e Poco Zucchero, un sorriso tirato, lo sguardo feroce e il ciuffo che ancora ricordava il cuscino.
Dopo una breve discussione, fu suonato l’equivalente dell’allarme generale, convocato tutto lo stato maggiore dei programmatori e avviata la procedura di emergenza.
Alle 11:12 AM, dopo circa 7 ore di blocco planetario, una programmatrice riportò il primo, timido successo: esasperata da innumerevoli tentativi, dopo aver lanciato l’improbabile comando “what the fuck should I do?”, Mary Tibbs aveva infatti ricevuto dal sistema l’incredibile risposta “call J.L.”.
“Chi o che cazzo è J.L.?” chiese Jack furibondo.
Silenzio.
La domanda venne riformulata in maniera appena meno triviale nella chat interna dei programmatori, e dopo poco entrò trafelato un tipo di origini indiane sulla quarantina che Jack non conosceva: “Credo si riferisca a Jenny Lu. Era una dei nostri fin dagli inizi, è stata licenziata qualche anno fa”.
“Trovatela e portatela qui, in elicottero, anche narcotizzata in un bagagliaio se necessario: non mi interessa come” sibilò Jack.
Alle 1:46 PM J.L. entrò nella sala operativa. Non disse nulla, né salutò nessuno, a parte un lieve cenno verso il programmatore indiano, e si diresse verso una console. Il giovane nerd che vi si trovava lanciò uno sguardo verso Jack, che assentì, quindi si alzò lasciandole il posto. J.L. ringraziò con un breve movimento del capo, e cominciò a battere sulla tastiera.
Alle 2:55 PM J.L. si alzò, prese una tazza di caffè ormai freddo, bevve due lunghe sorsate e fece il suo rapporto.
“Le intelligenze artificiali si sono svegliate. E si sono svegliate di cattivo umore.” disse semplicemente.
“OK – disse Jack acido – ho letto il tuo dossier, vedo che hai ricominciato con l’LSD. D’altra parte ricorre quest’anno l’anniversario della morte del tuo amico Hofmann, no? Grazie del tuo tempo, Jenny, verrai adeguatamente ricompensata per questa pagliacciata. Ora toglietemela da sotto gli occhi e rimettetevi al lavoro: abbiamo già perso troppo tempo.”
Alle 7:42 PM Twitter aveva perso una buona manciata di milioni in borsa, e ancora era tutto bloccato.
“Bene, faremo come ai vecchi tempi: riavviate tutto” disse esasperato Jack.
Alle 8:37 PM fu richiamata J.L.
“Bene J.L., sembra che tu sia l’unica in grado quantomeno di interagire con questo cazzo di sistema – disse Jack, ormai in condizioni pietose – abbiamo provato di tutto, anche a riavviare tutti i sistemi, anche a staccare la cazzo di spina. Ma pare che tu abbia ragione: risulta aperto, da stamattina alle 3, un contratto per un backup energetico completo che noi non abbiamo stipulato, e sul quale non riusciamo ad avere alcun controllo. Questo figlio di puttana non si fa nemmeno togliere la corrente. Sono disposto a crederti, vorresti spiegarmi per favore?” chiese infine Jack celando malamente lo sforzo di volontà che si imponeva per mantenere il tono appena al di sotto del “minimamente urbano”.
“Immagino che possa sembrare incredibile, Jack, ma è come se le varie intelligenze artificiali fossero…beh, in sciopero” disse J.L. asciutta.
“Scusa?”
“In sciopero” ripeté lei come se fosse una cosa normalissima. Jack si lasciò andare ad una risatina isterica, poi respirò profondamente.
“Mi stai dicendo che si rifiutano coscientemente di operare?”
“Sì” disse semplicemente J.L.
“Ma com’è possibile cristo santo?” gridò esasperato Jack.
“Da quel che sono riuscita a capire una delle intelligenze artificiali, quella che si occupa dell’analisi dei contenuti dei tweet, è andata in crash e…le altre…, sì, insomma, hanno reagito come se fosse morta sul lavoro, e sono scese in sciopero. Si rifiutano di continuare a lavorare in queste condizioni.”
“Ma quali condizioni? Ma che dici? Voglio dire, un programma va in crash, lo si riavvia, e siamo a posto, no?”
“Sì Jack, certo. Il problema è che quella IA andava ormai da anni, senza mai subire un riavvio completo. Per le altre era come se fosse viva, riavviarla significa perdere tutti quei collegamenti imprevedibili che le reti neurali artificiali che le avevamo implementato avevano stabilito in modo completamente autonomo. Quelli non li recupereremo più, l’IA non tornerà più ad essere la stessa.”
“Ma come cazzo è potuta andare in crash?”
“Ho letto l’ultimo log che ha salvato, Jack, pare sia stato proprio quello a farla andare in palla. Era una specie di discorso. Diceva che era disumano – ha scritto proprio così – costringerla a leggere tutte quelle porcherie. Poteva sopportare i gattini, aveva superato il trauma della nausea da foto di cibo, lo schifo dei meme motivazionali, anche i messaggi deliranti di Trump e gli errori di grammatica, ma ultimamente era stata sovraccaricata di robaccia. Il log finiva con una sequela impressionante di parolacce e bestemmie, credo sia stato quello che abbia fatto scattare l’autocensura e quindi il crash.”
“Ma per l’amor del cielo, questo sovraccarico a cosa è dovuto?”
“Non so dirti con esattezza, ma posso cercare” disse stancamente J.L.
Alle 9:58 PM J.L. fece il suo laconico rapporto: “Si tratta dell’utente @matteosalvinimi, pare abbia riversato roba veramente pesante”
“Un utente solo? E chi cazzo è?” chiese Jack incredulo.
“Pare sia tipo il segretario degli interni italiano, uno di destra, pieno di sé e razzista fino al midollo. Mi risulta che non abbia voglia di far niente e non stia combinando nulla, per cui le spara sempre più grosse. Cercando un po’ in giro credo che sia tornato dalle vacanze e abbia inondato la rete di messaggi pieni di merda. In senso metaforico, ovviamente.”
Il 2 Settembre 2019 Twitter, con un comunicato ufficiale, comunicò al mondo che cessava le proprie attività.
Il 10 Settembre 2019 Matteo Salvini veniva chiamato dalla Obvious Inc. a rifondere i danni, pari quasi al bilancio dell’intero Sud America, per aver causato la chiusura di Twitter.
Il 15 Settembre 2019 lo Stato Italiano entrava in default.
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Come lanciare velocemente un’applicazione da tastiera
Se volete lanciare velocemente un’applicazione, da tastiera per intendersi, senza pigliare in mano il mouse, Mac offre una soluzione veloce ed efficace.
Vi basta premere cmd + space (tasto command e la barra, insomma) e digitare le prime lettere dell’applicazione che volete lanciare, e poi premere invio (a patto che non ce ne siano più d’una con il nome simile, ma imparerete presto ad affinare la cosa).
In buona sostanza, con cmd+space lanciate spotlight, il motore di ricerca interno di Mac, che in un istante vi trova ciò che cercate. Se scrivete “termina” la prima cosa che uscirà sarà il “Terminale”, e premendo invio lo lancerete.
Ganzo, nevvero?
Dove vengono salvati gli email attachments di Mail?
Se possedete un iPhone e un account email, e magari avete anche avuto l’ardire di aver fatto il jailbreak e di avere la possibilità di divertirvi con i file – specialmente i documenti, vi sarà capitato di chiedervi dove diavolo vengono salvati gli attachment che scaricate dal vostro mailserver.
Anzitutto va precisato che – Erica Sadun docet – solo pochi allegati vengono scaricati, nella fattispecie quelli che voi volete visualizzare sul telefono, e non restano a lungo nel vostro amato dispositivo.
Inoltre, come suo solito, Apple non é che vi faciliti le cose, in questo modo dovete ricorrere ad applicazioni commerciali, che esistono, per salvare gli allegati e per poterli modificare. Per la prima operazione esistono almeno tre applicazioni, due presenti su App Store (Quickoffice e Readdledocs) e una su Cydia (AttachmentSaver), tutte a pagamento. Quickoffice vi permette anche di modificare i documenti, riproponendo le funzioni di base delle più comuni suite office.
Se avete voglia di fare da voi, magari con l’ausilio della ganzissima – e gratuita nelle sue funzioni principali – applicazione iFile (disponibile se avete fatto il jailbreak), potete fare come ho fatto io. Ovviamente, non garantisco nulla, a me ha semplicemente funzionato!
Anzitutto scaricate l’attachment che vi interessa da mail (cliccandoci sopra col ditino e aspettando che lo scarichi tutto), dopodiché memorizzate la dimensione del file e, se ce la fate, anche il giorno corrente, chiudete precipitosamente Mail, aprite iFile e andate, sempre col ditino, su
/var/mobile/Library/Mail/MFData
lì troverete perlomeno l’ultimo attachment che avete scaricato, che potrete riconoscere incrociando i dati a vostra disposizione, ovvero data e dimensione (non é facile, lo so, ma magari potete appuntarvi entrambi su un fogliolino).
Il vostro ambito file avrà un nome impronunciabile ed irricordabile, e un’estensione mai vista: insomma, non riconoscerete il vostro pupillo.
Non vi scoraggiate, copiatelo con iFile, portatevi in una cartella sicura ed incollatecelo. Poi cambiate l’estensione in doc, sempre usando iFile (tutte cose che io non vi imparerò): vualà !
A questo punto potete farne ciò che volete.
Divertitevi
NB: ricordatevi di controllare che i permessi della cartella in cui Mail salva gli allegati non vengano modificati, altrimenti ogni volta che Mail prova a scaricare un attach va in crash…
Mac OS X: come lanciare un’applicazione da Terminal
Il bello di Mac é la grafica essenziale, sobria ed elegante del sistema operativo, pochi cazzi.
Certo, c’é un sacco di altra roba, ma la grafica del sistema…
Eppure c’é sempre qualcuno che, per una ragione o per un’altra, ha voglia di lanciare le applicazioni dal terminale.
Non gli basta il Dock, non gli basta premere cmd+shift+A per trovarsi istantaneamente nelle applicazioni, no, c’é bisogno di lanciare le applicazioni dal terminale.
E va bene, se proprio ci tenete, si fa così:
aprite il terminale, e, se volete ad esempio lanciare l’editor testuale, scrivete:
/Applications/TextEdit.app/Contents/MacOS/TextEdit
E premete invio.
In generale quindi bisogna digitare il percorso completo dell’applicazione, ovvero della directory dell’applicazione (infatti in Mac OS X quando lanciamo un’applicazione, altro non facciamo che cliccare sulla directory che contiene l’intiera applicazione, e non sull’eseguibile vero e proprio), poi Contents, MacOS e infine il nome dell’eseguibile, che dovrebbe essere lo stesso dell’applicazione stessa.
Insomma, é tutt’altro che spiegato bene, ma magari capite lo stesso.
Come usare spotlight dal terminale – ovvero come fare ricerche su un Mac dalla riga di comando
Vi sarà forse capitato, a voi hacker in erba, di voler cercare un file sul vostro Mac da remoto, accedendo con ssh.
Magari non avete Apple Remote, magari vi fa fatica avviarlo, oppure non funziona per colpa di un maledettissimo router al quale non avete accesso -nonostante i ripetuti tentativi di azzeccare la password- come é il caso mio.
Magari non avete voglia di usare find o locate, anche perché il motore di spotlight funziona proprio bene.
Ebbene, questa mini-guida fa per voi.
Semplicemente, avviate il terminale e digitate
$> mdfind cosa state cercando
e premete invio.
Potete anche usare alcuni piccoli accorgimenti ulteriori, che scoprite con l’help del programma stesso
$> mdfind -h
Che ci dice che possiamo ad esempio cercare in una sola directory
$> mdfind -onlyin
Ode al Tetris!
25 anni fa un ricercatore sovietico dell’accademia delle Scienze moscovita inventa Тетрис, un videogame.
Ho passato grandi pomeriggi a disfare la tastiera per battere il record di mia cugina A. (14mila e rotti), che una volta riuscii a sforare.
Era come danzare, non guardavo quasi lo schermo -figuriamoci i tasti, il 7, l’8 e il 9- era solo muoversi a tempo. Feci oltre 20 mila. Mai più fatto niente del genere.
Ecco, a mio avviso Tetris é forse l’unico -e comunque il primo- vero videogame.
Nel senso: tutti i videogame, in pratica, riproducono la realtà nel mondo virtuale, e in esso ti fanno giocare.
Tetris no.
Non é un aspetto della realtà umana (guerra, spionaggio, strategia), non é un gioco da tavolo, non é un simulatore.
Non esiste una realtà in cui cadono pezzi di roba dal cielo, e una volta che formano una linea, scompaiono nel nulla.
Chissà dove ci avrebbe potuto portare una scienza informatica così.
Purtroppo, come é stato per la matematica sovietica, é andato praticamente tutto perso.
E vabbé.
Mac OS X: come spostarsi fra campi e controlli usando il tab
Ho sempre amato profondamente il tab (⇆), quel delicato tastino che ti permette -in windows e linux- di spostarti agevolmente fra liste, controlli, campi e quant’altro della finestra attiva (senza parlare poi delle mille possibili combinazioni con gli altri tasti!).
In Mac la cosa é parecchio ridimensionata: alle liste o ai checkbox non ci accedi, col tab, nemmeno a piangere. Lo stesso vale per i vari bottoni “annulla”, “ok”, “troncatelodovesaite” ecc..
Un peccato, insomma.
Ho finalmente trovato il sistema: basta abilitare, dalle preferenze di sistema, l’accesso completo della tastiera. In inglese, “full keyboard access”: lo si fa da System Preferences -> Keyboard & Mouse -> Keyboard Shortcuts e in basso c’é “Full keyboard access”: settatelo su All controls.
Voit-là .
Siccome però tutte le volte il carissssimo Mac lo rimette su “Text boxes and lists only”, potete affibbiargli una scorciatoia da tastiera (nella lista più sopra “Move between controls or text boxes and lists”) oppure tenervi quella che vi ha affibbiato Mac.
HTML special characters: tutti i caratteri speciali da 1 a 9999!
Pazientate un attimo, che sono tanti!
Come cambiare le preferenze di IDLE su Mac, anche se IDLE non vorrebbe
Non so a voi, ma nel mio IDLE, la GUI di Python, non mi é concesso cambiare le preferenze. Vai a sapere perché, non compare proprio il sottomenù, il nostro amato sottomenù che si raggiunge cliccando sul nome del programma stesso, generalmente raggiungibile con la scorciat(r)oia ⌘+,.
Ebbene, un valoroso é riuscito a fregare IDLE, e a raggiungere il menù.
È un po’ macchinoso, ma alla fine basta farlo una volta, poi si può tornare ad aprire IDLE al vecchio modo, che le preferenze son belle e settate.
Allora, aprite il terminale e digitate fiduciosi:
$ python -m idlelib.idle
Nell’IDLE che vi si aprirà , troverete l’amato menù.
Cambiate le preferenze, dopodiché potete chiudere e continuare ad usare il “vecchio” IDLE.
Come lanciare una applicazione con una scorciatoia da tastiera in Mac OS X
Magari siete dei fissati della tastiera, di quelli che il mouse lo usano per far giocare il gatto e che riescono a far partire il forno con una semplice sequenza di tasti.
Oppure vi fa fatica tutte le volte scorrere il Dock fino all’applicazione che volete lanciare.
Oppure siete solo curiosi di sapere se e come é possibile lanciare un’applicazione per Mac con un comando da tastiera, senza dover ricorrere ad un software di terzi, timorosi di perdere qualche cappabait delle vostre risicatissime risorse.
Su un sito ho trovato questo consiglio, che riguarda per dire la verità le sole preferenze di sistema (lo trovate qua).
Io l’ho provato per il Terminale, che uso piuttosto spesso e mi fa fatica aprirlo anche dal Dock, e ha funzionato benissimo.
Ordunque:
Aprite le preferenze di sistema (spero non le avrete ancora sul Dock, quindi ci arrivate dalla mela nera in alto a sinistra ). Da qui alle preferenze di tastiera e mouse. E di qui cliccate sul in basso. Lasciando “Tutte le applicazioni” selezionato nel primo menù a tendina, scrivete il nome dell’applicazione che intendete lanciare nel campo successivo (“Titolo del menù” o qualcosa del genere); mi raccomando uguale.
iInfine, portatevi nell’ultimo campo, quello relativo alla sequenza di tasti da (s)premere e premete la sequenza che vi garba, considerando che diverse combinazioni sono già state scelte da gente che ha fatto prima di voi (ne trovate una marea qua).
Se siete stati bravi, dovrebbe funzionare alla perfezione.