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zeman

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Smettendo di fumare mi sono accorto di un particolare che mi era sfuggito.
Mi immaginavo, beata ingenuità , che la voglia di fumare tendesse a zero con il tempo, ovvero cessasse. Ragion per cui l’idea di smettere di fumare non é che mi apparisse infattibile, certo, senza parlare della terribile malinconia che ti prende al pensiero che mai più metterai una adorabile ms in bocca; per questo però il mio amico P. mi ha involontariamente suggerito una strategia per me efficace, e cioé che non ho smesso di fumare -é praticamente come perdere una persona cara, per quanto possa apparire grossolana ed enfatica la cosa- bensì mi sono preso una pausa e, rovesciando quindi completamente la prospettiva, “io posso ricominciare quando voglio”.
Il problema é che a me la voglia di fumare non é mai andata via.

Certo, niente a che vedere con i picchi di acuto desiderio che ti assalgono quando smetti e per i primi mesi, però non posso negare di essere assalito relativamente spesso, ovvero quotidianamente, dalla voglia di fumare.
O comunque settimanalmente.
E dunque smettere di fumare é diventata una piccola lotta quotidiana, una scelta che ogni giorno non solo deve essere rinnovata, ma applicata.
E da qui una piccola estensione.
I problemi che ci si portano dentro, o meglio, via, i problemi che mi porto dentro -giusto per evitare toni assoluti- sono più o meno stabili, intendo il nocciolo, lo zoccolo duro. Poi certo ci sono tutta una serie di problemi contingenti, legati al momento esistenziale, alla congiuntura degli eventi e roba del genere. Ora non mi occupo di quelli
Le volte che mi sono messo a guardare ai miei problemi nel loro insieme, la sensazione é stata molto semplice e ben definita, e la si può riassumere agevolmente nella frase “No, non ce la posso fare”.
Ed é vero. Nel senso, i problemi -almeno per quello che fino ad ora mi é parso di capire dalla mia esistenza- non si risolvono, cioé non é possibile buttarli nel cestino e poi premere “svuota cestino”. Cioé, non solo non si può fare per tutti i problemi presi insieme -che già  di per sé é operazione terrificante!-, ma nemmeno singolarmente. L’operazione infatti é, se non quotidiana, comunque da reiterare, in quanto non esiste una soluzione valida per tutte le varianti ed evoluzioni del problema, e soprattutto non é sempre possibile cambiare noi stessi così in profondità  da operare permanentemente la risoluzione del problema che -almeno a mio modo di vedere- é profondamete legato alla nostra natura più profonda.
Ed infatti, tutte le volte che i piccoli problemi non li ho affrontati, nelle piccole minchiate quotidiane della vita, alla fine sono tornati in massa a bussare alla mia porta, spesso senza aspettare risposta. Le conseguenze sono spesso piuttosto antipatiche, tipo amicizie che subiscono pesanti battute d’arresto, carriere universitarie congelate, storie(a) d’amore a rischio e via così.
E così ho visto anche per le persone care che mi sono o mi sono state accanto.
Se ne parlava con mio padre, marginalmente, qualche giorno fa, a proposito della vita di coppia (e ne avevo parlato con l’altro P. tempo addietro): fin da piccoli siamo stati sommersi da modelli televisivi e cinematografici che propongono una vita di coppia addiacciante. Coppie mai in crisi, o per lo meno che si trovano di fronte cazzatuccie che si risolvono entro la prima metà  del secondo tempo; amori che si estrinsecano nell’innamoramento totale e perpetuo.
Mai una menzione a quando ti svegli con il giramento di coglioni e vorresti essere su un’isola deserta.
Mai un accenno al fatto che tutti i giorni la nostra individualità  chiede spazi, tempi e risorse che sente sottratti dalla coppia, e che si devono dare risposte a queste istanze.
E uno, quando poi ci si trova davanti, crede di non essere sufficientemente innamorato, di non essere all’altezza. E la gente si manda a cacare, e le storie d’amore finiscono, che é poi l’unica cosa veramente brutta delle storie d’amore.

Ecco, ora mi fumerei una bella sigaretta.

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