Domenica d’Ottobre, qua fa già piuttosto freddo – per gli standard cui sono abituato. La famiglia va a visitare il WUK, che è aperto tutto il giorno per via di una festa per i bimbi.
Il WUK, ovvero “Laboratori e Centro Culturale” è un posto molto interessante. C’ero stato anni fa per un evento organizzato ad un nostro amico artista che sta qui a Vienna – un giorno vi racconterò di lui.
È un complesso di edifici, non molto grande, con un cortile interno, che ricorda l’università di Berlino Est, quella piena di edera, in mattoni rossi. Dentro ci sono laboratori, un auditorium, un asilo, un bar. I laboratori sono molto ben forniti: quello di falegnameria ha seghe circolari, a nastro, pialle, roba professionale di buon livello – per quel che mi par di capire data la mia esperienza nella bottega di mio padre. La cosa ganza è che sono aperti, e che gli aspiranti artisti, falegnami, scultori, fotografi, possono fruirne liberamente. Se hai voglia di esprimerti, lo puoi fare.
La giornata per i bambini consta nei laboratori aperti, con alcuni dei fruitori più assidui – mi par di capire – a dar man forte ai genitori e ai mostriciattoli proponendo alcune attività di base, tipo far delle maracas con piatti o biccheri di carta e semi o legumi secchi: roba da lupetti, per intendersi. Oppure suonare gli strumenti musicali prodotti dai provetti frequentatori (si va da roba di merda che vien da vergognarsi e piccole meraviglie dell’ingegno umano che andrebbero secondo me esposte, o quantomeno suonate professionalmente), cosa che i bimbi fanno con particolare accanimento, essendo prevalentemente strumenti a percussione.
Peppe ne approfitta per testare la risonanza della scatola cranica di una ex-compagna d’asilo, che – effettivamente – a seguito della percussione (percossa?) produce suoni a profusione, magari non quelli che Peppe sperava, a giudicare dalla sua espressione delusa, ma insomma suoni.
Dopodichè arriviamo alla discoteca.
Il primo impatto è esilarante: una pista da centro sociale, abbastanza lurida, tutta scura, con luci da disco che saettano in tutte le direzioni, frastuono da serata all’Ex-Emerson (quando ancora era al capolinea del 14), puzzo simile (senza però odore di tabacco o cannabinoidi combusti) misto di chiacchere e musica, un dj con l’immancabile Mac ben esposto, compreso del suo ruolo.
In pista: famiglie.
Bambini che ballano in braccio o davanti alle proprie madri, cuscini in cui si rotolano padri e figli, pozze di palline di plastica entro cui bimbi di varie età se le suonano di santa ragione, materassini su cui dormono lattanti stravaccati.
Il tutto condito da una musica che, per un adulto è alta, per un bimbo è l’equivalente del volume di un rave party quando stai davanti le casse (esperienza che per altro mi sento di consigliare).
La prima impressione positiva (“hai visto bellini”) scolora in un discreto disagio (“ma che cazzo stanno facendo?”) ed emigriamo fuori. Il posto è alla fine abbastanza alienante, i bimbi sono storditi dalla musica e dalle luci (e francamente non ne vedo molto la necessità: quando vogliono, sanno perfettamente come stordirsi, e lo fanno senza l’ausilio di strumenti esterni, di tipo chimico, meccanico o altro), i genitori si divertono magari, ma insomma mi garba il giusto.
Optiamo per andare a ripigliarci nell’asilo del WUK, che consta in uno stanzone tagliato a metà da uno scivolo lungo come un trampolino per il salto con gli sci (che pare anche sia l’unica vera attività svolta nell’asilo – lo scivolo, non il salto con gli sci – stando a quanto riportano insegnanti ed avventori, entrambe le tipologie di soggetti fortemente entusiasti della dotazione), popolato da alcuni genitori che si fanno un teino mentre i bimbi giocano ai pirati di là.
Sono strani, gli austriaci.