Lo’Jammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

LoJammat

Ebbene sì, suono in un gruppo musicale, ho il complessino, “the band”.

Siamo in 4, col Bombi ci suono da più di dieci anni, da quand’ero piccolo, da quando ha scoperto che é proprio il pedale della grancassa a produrre quei suoni, e non il timpano, insomma, dal tardo autunno 1996, quando siamo andati da Checcacci e, tutti insieme, abbiamo preso a nolo la peggior batteria che avevano da dare. Un aggeggio rosso, il cui charleston il Bombi stesso provvide a sfondare non troppo tempo dopo. Il bombi, per chi non l’avesse capito, é il batterista, a mio avviso uno dei migliori in circolazione. Suona un po’ come se fosse un polipo, una valanga, una caduta massi, e restano ben poche frequenze a disposizione.

Mathijs é arrivato per secondo, l’ho trovato che faceva il coinquilino a casa della (allora) ragazza di un mio caro amico, ho visto il basso e gli ho proposto di venire a suonare con noi, o comunque a provare, prima ancora che mi fosse noto il suo nome. Non so per lui, ma per me é stato amore al primo accordo.

Andrea é arrivato per ultimo, é un cantante atipico. Non rompe i coglioni se gli si fa un appunto. Non fa scenate isteriche né da giù di testa se si fa presente che una linea vocale non piace. E’ entusiasta é indubbiamente é il PR del gruppo. E’ l’unico di noi cui siano stati gettati, durante un concerto, indumenti intimi femminili addosso, con discreta mira e perizia. Per altro tirati da donne, credo che voglia dire qualcosa.

La musica che facciamo la sentirete, prima o poi si aprirà  un sito, appena riusciamo a trovare un grafico, un webmaster, un tecnico del suono e un addetto stampa.

Per intanto piazzo un paio di foto, così capite che gente siamo.

and the radioman says…

the screenwriters blues

the screenwriters blues

é il videoclip della canzone Screenwriter’s Blues dei Soul Coughin, un gruppo statunitense di Chicago.

Trovo questa canzone, un unico giro ripetuto all’infinito, evocativa come poche – la ascolto spesso, in questo periodo, mi fa pensare a splendidi viaggi, di notte, in macchina. Come quello che la prossima primavera spero di fare a Roma. Una notte in giro, in macchina, per la capitale. Una notturna.

E questo é il testo della canzone.

Exits to freeways
wisted like knots on
the fingers
jewels cleaving
skin between
breasts.
Your Cadillac breathes
four hundred horses
over blue lines
you are going
to Reseda
to make love
to a model
from Ohio
whose real name
you don’t
know

you spin
like the cadillac was
overturning down a
cliff on television
and the radio is on
and the radioman is speaking
and the radioman says
women were a curse
so men built Paramount
studios
and men built Columbia
studios
and men built
Los Angeles

it is 5 am
and you are listening
to Los Angeles

And the radioman says
it is a beautiful night out there!
And the radioman says
Rock and Roll lives!
And the radioman says
it is a beautiful night out there
in Los Angeles
you live
in Los Angeles
and you are going to
Reseda; we are all
in some way or
another going to
Reseda someday
to die
and the radioman
laughs because
the radioman fucks
a model too

Gone savage
for teenagers with
automatic weapons and
boundless love
gone savage for
teenagers who are
aesthetically pleasing
in other words
fly
Los Angeles beckons
the teenagers
to come to her
on buses;
Los Angeles loves
love

it is 5 am
and you are listening
to Los Angeles

I am going to
Los Angeles
to built a screenplay about
lovers who
murder each
other
I am going to
Los Angeles
to see my own
name on a
screen, five feet
long and luminous
as the radioman says
it is 5 am
and the sun has charred
the other side of
the world and come
back to us
and painted the smoke
over our heads
an imperial violet
it is 5 am
and you are listening
to Los Angeles.

You are listening.
You are listening.
You are listening.
You are listening.

Prospettive per la democrazia italiana

La terza Repubblica

La terza Repubblica

Vista la situazione attuale, il fatto che ci attendano le elezioni anticipate dopo la più breve legislatura della nostra repubblica, e che verosimilmente le vincera’ il nano malefico, non mi sento di poter fare buone previsioni per la nostra democrazia. Potrebbero anche vincerle quegli altri, quella immonda manica di disperati che e’ rimasta a galla per un paio d’anni, ma non so se la cosa mi terrorizza ancora di più. E dunque? Mi viene da pensare che un bel colpo di stato, chesso’, magari un bell’atto alla Segni, con guardie forestali e finanzieri assieme (che tanto non si distinguono), e una bella, salutare dittatura. I lacche’ di oggi non perderebbero il posto, e probabilmente nemmeno i politici di professione (quindi non dovremmo temere orde di disoccupati incapaci e inadatti a qualsiasi lavoro), e al contempo non ci sarebbero un sacco di seccature. Ad esempio, non dovremmo più seguire le accese e inutili polemiche fra Di Pietro e Mastella.

Oppure, come prospettava profeticamente un mio caro amico, ammettere che ci abbiamo provato, ma che abbiamo fallito, e dunque ognuno a casa sua: Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli all’Austria. Trieste, se lo merita, da sola. Il Piemonte e la Liguria alla Sardegna, pure loro se lo meritano. E magari si piglino pure la famiglia reale, quella gloriosa stirpe di vigliacchi, ignavi, senza palle, puttanieri e sgrammaticati(*): scelgano i Sardi cosa farne, mi fiderei. La Toscana a se’. Domenici pure. Da sé. Lazio, Umbria e Romagna, finalmente tornano al legittimo proprietario, il Santo Padre. L’Emilia a Tanzi. Il Regno delle due Sicilie alla Spagna, mentre la Sicilia fara’ un bel referendum: o alle cosche, oppure torna agli Arabi, così, dopo la Turchia, anche Al Qaeda avra’ il suo posto in Europa e si risolve il problema terrorismo.

Io, comunque, annullo il voto, in coscienza.

Sentiro’ il mio amico Scalfaro se riesce a convincermi del contrario…

G

(*) il giovane rampollo ha chiesto non so quanti milioni di euri di risarcimento allo Stato Italiano perche’, per via dell’ingiusto esilio, ora sa parlare male l’italiano e si vergogna. Comunque, assicura, e’ una richiesta simbolica.

ma ci pensate!?

Il nano pelato

Il nano pelato

che il nano pelato forse torna al governo?

dico, ma ci pensate altri 5 anni con lui?

e magari, dopo, un’altra novella dello stento, com’é stato questo governo….

io proporrei, allora: annulliamo la scheda, in massa, e scriviamoci tutti la stessa cosa: così non ci sto.

chissà , fossimo numerosi, magari a sinistra ci pensano un attimino…

bah

campagna di solidarietà  “invitiamo il papa a cena”

Una bella tavolata fra amici

Una bella tavolata fra amici

è successo il patatrac. Il rettore della Sapienza, con indubbio senso del tempo, ha invitato il Sommo Pontefice perché parlasse all’inaugurazione dell’Anno Accademico. Alcuni della sinistra -o magari nemmeno troppo- hanno detto che non gli stava bene, e il Papa, cui scoccia provocare, ha deciso di soprassedere.

Enorme lo sdegno che si é levato, da Palermo ad Aosta, a sostegno del Santo Padre. Da destra e da “sinistra” cori di solidarietà , prese di posizione ferreee a favore della libertà  di parola, ecc ecc…due palle, insomma, le solite due palle.

All’inizio ho pensato: va bene la libertà  di pensiero e, soprattutto di parola, però non é che se io non invito a cena Marco Rizzo (che ho pure votato, hai visto a volte la gente…) mi si possa dire che sono illiberale: é che con certa gente io non ci voglio mangiare! Allo stesso modo, mi pare perfettamente normale che a della gente scocci che un Pontefice venga, appunto, a pontificare all’inaugurazione dell’anno accademico…a me scoccerebbe anche se venisse Blatter, per dire. Non é che non voglio che parli, figurarsi, per me può dire quel che gli pare, e può pure venire a dirlo in Università , magari non proprio all’inaugurazione, che mi sembra un marchio un po’ troppo pesante…Se poi insiste, che venga, si ordinerà  un vassoio di salatini in più.

Alla fine, però, più che ci faccio attenzione, più che mi pare uno dei soliti teatrini ad uso e consumo di noi fave.

L’estrema sinistra é felice: finalmente, dopo mesi in cui l’uomo di cera, Dini, rubava loro le scene scassando la minchia che voleva più attenzioni, si sentiva trascurato ecc…, e via a battere i piedi per terra, “che fo, lo fo cadere? guarda che lo fo cadere!” . Insomma, più che un governo ostaggio della sinistra radicale, stalinista e senzadio, pareva più succube di un circolino di punto a croce per benestanti pensionate. Ora, una grande battaglia é stata vinta, addirittura contro un Papa!

La Destra gongola: é l’ennesima dimostrazione che il governo é in preda di folli comunisti, che é illiberale, incapace di garantire la sicurezza e, soprattutto, di senzadio.

Il Papa, che ha sempre attirato le simpatie del popolino come i Testimoni di Geova quando suonano all’otto di domenica mattina, é finalmente amato e compatito da tutti. Ho sentito levarsi in sua difesa anche un acerrimo laicista e anticlericale.

La “sinistra” é contenta che può rinnovare pubblicamente la sua stima per il S.P., che ancora non si era capito bene e poi bisogna affrancarsi da questo passato da comunisti.

Io dico, allora, indiciamo una campagna: chi aderisce invita il papa a cena. Certo, si sente se può, ricordatevi che mangia in bianco e non sopporta il piccante e attenti alla disporizione dei posti a tavola. Infine, se potete, usategli la cortesia di farlo affacciare alla finestra (oppure di aggrapparsi all’inferriata se state in un seminterrato) e fargli dire due cose, sia mai che non si senta frustrato nel suo bisogno d’esprimersi.

G

balene una sega

Animalista in azione

Animalista in azione

vorrei vedere tutti quegli attivisti pregni di sdegno e di passione, che sui gommoni assaltano le baleniere giapponesi incuranti degli idranti, che nudi al gelo si dipingono e si offrono alle folle, che si strappano i capelli e che si indignano e commuovono per la strage di cetacei che gli oceani quotidianamente ospitano, li vorrei vedere rinunciare ad un 10% dei loro consumi, a loro scelta, in nome dell’ambiente, della solidarietà  e della giustizia. Un atto quotidiano di rinuncia perché la terra va a a rotoli, perché un 80% della popolazione sta sotto il tallone della fame così che noi si possa consumare in santa pace e farci venire qualche scrupolo a carico di terzi, e anche perché i mari stanno diventando delle pattumiere.

E invece temo che, finito di manifestare, torneranno alle loro tiepide case, paghi del loro impegno, sicuri di essere migliori dei giapponesi che, barbari, magnano la carne di balena e magari anche di delfino, pensate!

vado a comprare un po’ di pasta di balena, Triglia.

legge elettorale?

i fantastici due

i fantastici due

dicono che bisogna cambiare la legge elettorale. Ormai é un dato di fatto, c’é bisogno di governabilità , di stabilità , bisogna che un premier, vicino ai cittadini e da questi eletto, possa decidere, in fretta e senza tropper rotture di balle, ed applicare. Basta con tutte queste liti. Basta con questi inutili iter che fanno perdere tempo e costano alle tasche degli italiani. Basta con questo senso di precarietà . Chi viene eletto deve governare, senza rogne, per cinque anni. Un tempo, le liti erano chiamate dibattito politico: persone serie, che rappresentavano il paese e non gli interessi di alcuni gruppi di persone più o meno vasti, si confrontavano, si sbranavano, si davano addosso; e alla fine, trovavano un compromesso, un qualcosa che rappresentasse un po’ tutti, una soluzione giunta dalla mediazione. I poteri si controllavano a vicenda, così da evitare derive autoritarie, che il nostro paese ha conosciuto. O, forse, non é mai successo.

Di sicuro, abbiamo avuto un governo eletto quasi direttamente dai cittadini, in gradi di prendere decisioni in fretta, senza rotture, e di applicarle altrettanto in fretta. Una di queste, fu di allearsi con i nazisti.

Io credo, dal basso della mia ignoranza, che al posto della legge elettorale, andrebbe cambiata la classe politica.

Ce ne vorrebbe una di gente meno inetta, con qualche idea, in grado di rappresentare il paese, con la voglia di litigare e di trovare una soluzione. Di sicuro, con gente così andremo poco lontano.

giacomo musicista – gli inizi

gli esordi

gli esordi

“ma scusa, suoni la chitarra e allora per questo ti pensi di essere un musicista?”, mi chiedeva incredulo, fra il serio e il faceto il mio professore della tesi.

Personaggio su cui scriverò, se lo merita.

Non ha certo tutti i torti. Comunque credo di essere un musicista. Insomma, suono la chitarra dal 1995, anche se un mese dopo che avevo cominciato ho pensato bene di sfracellare la mia amatissima vespa bianca 125 px contro un’alfa 33 che faceva inversione a U. La vespa se la cavò con la forca cambiata, io, tirando via il freno della frizione, mi ruppi per compressione uno dei mille ossicini che stanno incastrati fra palmo e dorso della mano; dovetti rompere il gesso per liberare almeno l’anulare (il mignolo era fuori discussione e gioco) e poter fare un qualche straccio di accordo.

In realtà  gli accordi, almeno all’inizio, erano i quattro che mia cugina A. mi aveva pazientemente insegnato per poter suonare autonomamente “Polly” dei Nirvana. Cosa che facevo per due-tre-quattro ore tutti i pomeriggi che dio metteva in terra, come potrà  confermare quel santo di mio zio che all’epoca -temo- stesse cercando di finire l’università  nonostante me, che stavo proprio sotto il suo studio, e pure i miei genitori, che invece condividevano solo l’intera casa con me.

In realtà  non la suonavo tutta, essendoci un barrè (il fatidico si maggiore) nel ritornello. Esauriti gli spunti di “Polly”, o meglio della strofa, e anche quelli offerti da tutte le canzoni che possano essere suonate conoscendo il mi minore, il sol, il do e il re, dopo un paio di mesi annunciai a mia cugina che volevo intraprendere il tortuoso percorso degli accordi barrati. Fu un periodo difficile, ma anche ricco di soddisfazioni. Mio zio -da sempre il mio guru musicale-, mi dette un libro per aspiranti chitarristi con cui si liberò quel tanto di me che gli consentisse una vita normale e, soprattutto, delle mie domande. Lasciò come appuntamento -in fondo era contento che suonassi la chitarra- una suonatina assieme, dalle due alle sette volte settimanali: per me un’autentica delizia. Nel frattempo avevo imparato a ritrovare gli accordi delle canzoni da solo (ascoltavo in pratica solo Nirvana, e non era difficile nel loro caso) e quindi avevo del materiale.

Verso giugno ero in grado di offrire un supporto decente per qualsiasi bivacco scout, cosa che per un egocentrico va benissimo.

In questo periodo cominciai a frequentare M. e M., due vicini di casa, batterista e bassista rispettivamente. Di loro, dirò in seguito.

G

cioni e i lavavetri

cioni ti odia

cioni ti odia

A volte penso a La Pira. Non l’ho ovviamente mai conosciuto, né ne conosco bene l’operato, il pensiero, la figura. Tuttavia mi é giunta, non so bene come, credo intatta, la spinta verso un Mediterraneo unito, senza divisioni, un lago e non un mare, le cui sponde parlassero la lingua della solidarietà , si raccontassero i trascorsi comuni e riscoprissero di avere insieme molte cose in comune, molte più di quanto ci si immagina. Mi immagino quindi un politico che, sia sia d’accordo o meno, da cattolico cerca di mettere in pratica senza mezze misure principi come l’accoglienza e l’amore. Ecco, poi penso a Cioni e a Domenici, e mi si stringe il cuore. Penso a come possono essere alterne le vicende della storia, distribuendo doni e disgrazie, personaggi illuminati e mediocri impiegati. La tramvia stava oggettivamente spaccando i marroni dei fiorentini: traffico impazzito, cambi nella viabilità  a fantasia, la scelta del percorso un terno al lotto – o meglio una roulette russa. In più i fiorentini, che si lamentano e sono sospettosi geneticamente, temono li si stia prendendo per il naso, hanno paura che il Duomo crolli per le vibrazioni, sospettano che si faccia la tramvia, piuttosto, per esempio, che la metropolitana, perché gli amici dei nostri astuti amministratori non dispongono dei macchinari e non potrebbero aggiudicarsi l’appalto; ci si chiede se non sarebbe meglio magari aumentare le corsie preferenziali. In ogni caso, la tramvia no. Perché no e basta. Cioni, che viene da Empoli e di semafori ne vede parecchi, si accorge che spesso il suo autista si innervosisce per via dei lerci figuri che si affollano intorno alla macchina, e talvolta ardiscono anche di avvicinare la scorta (che gli é stata concessa per via di una delle trovate più belle e geniali degli ultimi decenni: disegnare, con uno stencil, la faccia di Cioni sui muri e per le strade di Firenze con sotto scritto “Cioni ti odia” è semplicemente deliziosa. E vera, Cioni odia ancnhe e proprio te, che stai leggendo). Allora la folgorazione sulla via Pisana: i lavavetri danno fastidio. Cioni non é una verginella, e ben presto scopre, grazie ad un intenso lavoro di un pool di vigili urbani, netturbini, guidatori di carrozze e anche la squadra di calcetto del bar di Palazzo Vecchio, che questi lavavetri gli automobilisti di Firenze li odiano. Quasi quanto Cioni odia loro. Non si può negare che stessero diventando un attimino (come ama che io dica un mio carissimo amico, gran tabagista -di quelli seri- e professore temutissimo di filosofia e storia in un blasonato liceo classico) ostili: non si chiede più se si vuole il vetro lavato, con le donne ci si va giù pesante ecc… Non so da dove provenisse quest’ultima ondata, di certo difettavano della professionalità  che veniva invece tributata, ad esempio, al meraviglioso vecchio marocchino che lavava i vetri in piazza Leopoldo con guanti bianchi (spesso nemmeno luridi, anzi, spesso puliti). Erano piuttosto aggressivi e la cosa infastidiva anche me, che generalmente ci faccio amicizia e ci instauro una sorta di patto: quando ho soldi e/o voglia, te li dà, vetro o non vetro. Quando non li ho, niente. Quando ho il vetro sporco -questo lo decidevano loro- il vetro si pulisce, a pagare sarai sempre a tempo. Come nei nostri bar, insomma. Questi nuovi no, non ti riconoscono, ti lavano il vetro e non sentono ragioni. Da una giunta di sinistra mi sarei aspettato qualcosa come: affrontiamo il problema, che verosimilmente si articola in una serie di cose. Da dove vengono? Come se la passano? Come mai sono così aggressivi? Si possono piazzare da qualche parte? Eccetera. Cioni invece fa uno più uno, somma tramvia e lavavetri e decide: demagogia. Ci vuole una trovata che zittisca quelli di destra, che cavalcano i comitati -che per altro non ne sono felicissimi- contro la tramvia e rompono le palle con questa storia della sicurezza da anni e annorum, e nello stesso tempo non dispiaccia troppo a quelli di “sinistra”; anzi, che li tiri un po’ a destra, che basta questo buonismo, Veltroni é ancora solo sindaco di Roma, per fortuna! Una bella e stronza ordinanza contro i lavavetri. In sostanza, se ti beccano vai in galera e ti fanno un multone. Cioni annuncia, tiepidamente e in seguito, che comunque in galera non ci andrà  nessuno. Solo il multone. Travaglio, a me non particolarmente simpatico per altro, lo definirà  appropriatamente “il Rudolph Giuliani de’no’atri”. La gente é, come non accadeva da tempo, felice e, soprattutto, d’accordo con l’amministrazione. Anche gente insospettabile, amici e parenti. “Stavano diventando un problema”, “avevo quasi paura di fermarmi al semaforo” e via con queste amenità , sicuramente vere, per altro. Il problema é che una giunta di sinistra, nella mia ingenuità  di trentenne, non dovrebbe fermarsi a constatare un sentimento, una sensazione popolare, ma forse fare qualche passetto in più. Con l’ordinanza cosa abbiamo ottenuto? Non ci sono più, e dico davvero, lavavetri ai semafori di Firenze. Dove sono finiti? Cosa fanno adesso per sfangare la giornata? Io so dove dormivano, perlomeno alcuni: passando tutti i giorni dallo stesso semaforo -perfetto per i lavavetri, per altro- ne conoscevo un quattro-cinque. Loro avevano la loro camera da letto matrimoniale sul marciapiede della stazione centrale, qualsiasi fosse il tempo, ce li ho visti spesso, andando a prendere o portare Paola o altri amici. Dev’essere bello, ci deve essere privacy. Credo che quando uno sia costretto a far l’amore -ammesso che lo faccia- in mezzo a sconosciuti, perlopiù stranieri, con a fianco altri compagni di sventura di tutte le età , beh, credo che le buone maniere tendano a perdere di consistenza. E non voglio immaginare cosa mangiassero. Ora dove dormono? Cosa mangiano? Questo, come mi diceva Paola, i fiorentini non se lo chiedono, a loro non interessa. Basta che scompaiano, che il dolore dei loro volti privi di espressione e di pietà  sia lontano, più lontano possibile. Non credo sinceramente sia pietismo, é solo cercare di non perdere la nostra umanità . Nessuno, comunque, é finito in galera -perché pagargli vitto e alloggio?-, nessuno comunque avrà  pagato la multa: sono nullatenenti, come osservava giustamente sempre Travaglio. Al massimo, un po’ più di lavoro per i magistrati, che d’altra parte non é che possono indagare su Ligresti, tanto per dirne uno, altrimenti con chi li fanno poi gli affari, i nostri amministratori? Ecco, penso a La Pira e mi chiedo se soffra, vedendo come sì é chiuso il cuore della sua città . G

il traghetto nella sabbia

il traghetto nella sabbia

il traghetto nella sabbia

Ricordo una volta, eravamo con Paola, verso Pasqua. Una di quelle “fuitine” che solo da universitario ti puoi permettere davvero. Eravamo andati in Belgio e Olanda, dopo un anno burrascoso di grandi dolori e grandi soddisfazioni, per dirla alla francese. Avevamo noleggiato una twingo verdastra da un simpatico e piuttosto vecchiotto belga di Brussel (che in seguito ci aveva premurosamente girato una multa minacciosa -per i toni- da autovelox della polizia olandese). Dormivamo in un grazioso e deserto ostello in Belgio, al confine con l’Olanda, su un canale fiancheggiato da una fila infinita di mulini a vento, quelle imponenti costruzioni donchisciottesche che placidamente girano le pale. A me piacciono moltissimo. Era uno di quei posti in cui terra e acqua non sono ben definite: coste frastagliate, foci, fiordi, paludi. Non si capisce bene cosa sia cosa. Una delle notti che dormivano là , ci siamo spinti ardimentosamente in Olanda (ce ne siamo accorti per via dei cartelli). Al ritorno, era tardi e decidemmo di traversare un braccio di mare, che non ricordo se fosse un fiordo o la foce di un fiume, con un traghetto. O meglio, una chiatta. Il ricordo é completamente occupato dalla scena che vidi dal ponte di quel traghetto, mentre mi fumavo una benedetta sigaretta, Paola rassegava in macchina per via di qualche linea di febbre e il vento mi gelava la pelle del viso.

La nave, per via di una stranissima luce notturna diffusa dalle nubi (dietro cui immaginai campeggiasse una luna ben pasciuta), sembrava navigare su un deserto di sabbia scintillante. Quasi non si sentiva lo sciabordio dell’acqua, la superficie appena increspata da piccole onde tutte uguali, come la sabbia nel deserto, il fragore del vento come annichilito da tanto spettacolo. La sigaretta, forse anche per via delle folate, mi si spense fra le dita quasi senza combattere.

G