“L’Austria di oggi è molto più comunista dell’Unione Sovietica!”
Così mi ha detto una dottoranda russa che ho incontrato in treno.
In effetti lo stato sociale qua ti prende per mano e ti carezza, mentre ti aiuta. Se fai un bimbo, o una bimba, insomma se ti riproduci con successo, lo stato ti ringrazia, apprezza il fatto che tu ti sia accollato questa responsabilità, e lo fa con grande pragmatismo: non mi pare ti diano targhe o distintitivi, però ti danno soldi e aiuti. Aiuti vuol dire che ti garantiscono un asilo, che te lo pagano, che garantiscono alla madre la possibilità di stare a casa con i figli, ma anche poi di ritornare al proprio posto di lavoro. Insomma, come in Italia, che se figli fai la figura o di quello che si è fatto incastrare (se sei uomo) o di quella che vuol far la furba (se sei donna). Nei casi migliori.
In austria, soprattutto, c’è il mito della sovraoccupazione.
Per garantire un lavoro a tutti, ma senza farsene accorgere, un po’ ci si inventa cose da fare, per ammazzare il tempo, oppure si applica il ragionamento “nel più ci sta il meno”. Negli uffici pubblici dunque, popolati di impiegati felici e sorridenti, si fanno code brevi, generalmente. Il rapporto impiegati/utenti è infatti 3:1.
Oppure, come dicevo, si inventano cose da fare, e qui soprattutto è l’edilizia che va. Per esempio, si rade al suolo un intero quartiere e si ricostruisce, o si distrugge la stazione sud (Südbanhof) e la si ricostruisce, cambiandole anche il nome così ci scappa una bella commissione per sceglierlo magari (si chiamerà Hauptbanhof). O, nel piccolo di Laxenburg, si rifanno le aiuole della strada. Prima erano perfette, per lo standard cui sono abituato, dopo pare abbiano anche pettinato l’erba.